La regina delle colazioni italiane, la tavola del risveglio per antonomasia, il brunch italiano ante litteram: è la Colazione di Pasqua. Colorata, vivace, energetica quanto simbolica, speciale connubio di dolce e salato, la sua tradizione d’abbondanza appartiene alle tavole italiane e vede la compresenza di caffè e frittate, uova di cioccolata e salumi, colombe e torte rustiche, formaggi in varie forme fino alla coratella con i carciofi per i più temerari gourmand.
Ma non è solo gioia del palato, ogni portata di questa luculliana avventura gastronomica pasquale emblematizza un concetto a partire dalle uova, immancabili in ogni loro forma, sode o alla coque per i modernisti, in quanto simbolo di rinascita, già in Persia, con l’arrivo della primavera, c’era l’abitudine di scambiarsi le uova di gallina in segno di buon auspicio. Per il mondo cristiani, l’associazione dell’uovo con la Pasqua è stata spontanea in quanto simbolo di una vita pronta a sbocciare nuovamente.
Oltre ai cibi iconici e che fanno da comune denominatore pasquale, sulle tavole dell’Italia centrale anche il quinto quarto recita il proprio ruolo protagonista con una portata che si fa decisamente notare sulla tavola di Pasqua: la coratella con i carciofi. Ovvero le interiora dell’agnello – cuore, rognone, fegato, animelle e polmone – accompagnate dal fiore di primavera – i carciofi – e dalla mentuccia romana. La simbologia di questo piatto è legata ovviamente a quella dell’agnello pasquale, simbolo dell’innocenza e del candore, e quindi immagine del sacrificio del Figlio di Dio.
Nel Lazio, oltre alla coratella, sulla tavola troneggia anche la frittata sempre con i carciofi, o meglio con le mammole che si possono trovare a marzo, ma anche ad aprile. Nelle Marche è più comune con le erbe spontanee come la mentuccia, salvia, rosmarino, basilico e menta; o con gli asparagi selvatici, le cipolle, la borragine.
Come non notare i Salumi, altro ingrediente tipico del “brunch pasquale”, consumati con la rituale “pizza”, “torta” o crescia pasquale al formaggio e che, messi a stagionare a Natale e consumati a Pasqua, segnano un’altra coincidenza tra i tempi delle preparazioni gastronomiche dettati dalle stagioni e quelli del calendario liturgico.
Anche il “pane al formaggio”, dal colore giallo intenso e dal profumo penetrante rientra in questa ottica rituale e la tradizione di origine medievale nel centro Italia, vuole vada preparato tra giovedì e venerdì santo in grandi quantità per consumarlo durante la colazione di Pasqua e regalarlo come augurio.
Nelle Marche, oltre a cresce dolci e con formaggio, nella provincia di Ascoli Piceno trovano posto a colazione i piconi: una ricetta di tradizione contadina che vede protagonista il formaggio, sempre molto abbondante in questo periodo dell’anno grazie alla nascita di tanti agnelli nei greggi di pecore. Sono dei ravioli salati che hanno per ripieno di pecorino, uova e scorza di limone, vengono cotti al forno e si accompagnano a spesse fette di gioie norcine.
Tornando al dolce, In Umbria la colazione si fa con la pizza di Pasqua dolce che, d’aspetto simile al panettone, si prepara con uova, farina, lievito di birra, zucchero, burro, latte, vanillina, canditi, uvetta (ma non sempre), scorza d’arancia e di limone, con una lievitazione molto lunga. Anche le torte, dolci o salate che siano, nascondono un profondo simbolismo religioso, legato al grano e all’Eucarestia.
Qualche chilometro più in giù ne è emblema la pastiera e la sua leggenda che la lega alla sirena Partenope, la quale aveva scelto come dimora il golfo di Napoli. Per ringraziarla la popolazione era solita portare alla sirena 7 doni, farina che simboleggia la ricchezza, la ricotta simbolo di abbondanza, le uova simbolo di fertilità, il grano cotto nel latte a simboleggiare la fusione di regno animale e vegetale, i fiori d’arancio o di altri agrumi simbolo del profumo della terra campana, le spezie omaggio di tutti i popoli e lo zucchero simbolo della dolcezza del canto della sirena – e che, in realtà, furono le suore ad inventare, mescolando gli ingredienti simbolo della resurrezione, con i fiori d’arancio del giardino conventuale.
Rimanendo sulle sponde partenopee, impossibile non aprire una parentesi sul casatiello, che simboleggia la Pasqua Cristiana già nella forma, lì dove il cerchio della ciambella rappresenta sia la corona di spine, posta sulla testa di Gesù sia il ciclo continuo della vita con la Resurrezione, così come le fettucce incrociate sopra la cupola delle uova. In origine pagnotta con formaggio, nel tempo si è arricchito di nuovi ingredienti fino a diventare la versione ricca e carica di formaggi e salumi che tanto ci piace. La presenza del pecorino nell’impasto ha una sua valenza simbolica. Infatti, è fatto di latte di pecora da cui l’agnello che è simbolo di purezza e di innocenza.
Sempre l’agnello torna in versione dolce anche nelle Marche basse, Toscana e Abruzzo, lavorato con un impasto di pasta frolla, mandorle tritate, zucchero e canditi e decorato con una glassa di zucchero a velo e albumi montati a neve o di cioccolato.
A proposito, in ottica più allargata, l’usanza di regalare le uova di cioccolato tra le ipotesi accreditate c’è chi sostiene che i primi dolci di cioccolato a forma di uova siano stati realizzati durante il regno del Re Sole, all’inizio del ‘700, e che proprio Luigi XIV a concedere a David Chaillou, primo mâitre chocolatier di Francia, la licenza esclusiva di vendita del cioccolato a Parigi. Ma la vera rivoluzione è legata all’ evoluzione delle tecniche di lavorazione del cioccolato, all’olandese Coenraad van Houten e, a quando, a fine ‘800 l’azienda dolciaria anglosassone Cadbury pensò di legare il cioccolato alla tradizione delle uova pasquali creando il primo uovo di cioccolato con sorpresa al suo interno.